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mercoledì 22 dicembre 2010

Impianto fotovoltaico nel Condominio

Il 2010 ha siglato un vero e proprio boom dell'installazione di impianti fotovoltaici: dalla copertura di etteri di terreno inutilizzati, alla copertura di tetti di capannoni industriali e nel piccolo, impianti montati su tetti di case singole o condomini.
Nell'ambito di un condominio la questione va trattata in maniera leggermente diversa per il semplice e solo fatto che i pannelli fotovoltaici vanno installati sul tetto che è condominiale e come tale parte comune. Tuttavia, non necessita di unanimità una simile decisione, tantomeno delle maggioranze imposte dal vincolo dell'innovazione, e questo perchè la Legge N. 10 del 1991 in tema di impianti e migliorie o innovazioni destinate all'uso razionale dell'energia, del risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili contempla che in caso di condominio "Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea. " Maggioranza semplice dunque, nessuna Unanimità o 1000 millesimi. Resta però da approfondire il seguente punto. Essendo la superficie del tetto comune destinabile all'istallazione di impianti fotovoltaici una superficie limitata e non "infinita", se in assemblea un condomino avanza la richiesta di autorizzazione all'installazione, con la maggioranza semplice può averne il benestare, ma quanti metri quadri spetteranno a questo condomino? Sarà compito di amministratore e tecnico, calcolare la superficie destinabile a tale opera, e ripartirla in parti uguali tra le unità immobiliari. In questo modo, chiunque voglia in futuro dotarsi di impianto fotovoltaico, avrà la sua superficie disponibile.

venerdì 12 novembre 2010

Infiltrazioni dai balconi di proprietà - un argomento sempre attuale

Attuale quantomai contradditorio. Infatti, districarsi nella miriade di sentenze della Cassazione non è facile, trovando spesso disposizioni in contrasto tra loro. Questo perchè ogni danno ha la sua storia. Ma veniamo a quello che più frequentemente si verifica nella vita di condominio:
Il balcone in questione è un prolungamento dell'appartamento al piano di sopra, è una superficie accessoria con diritto e privilegio di calpestio da parte del proprietario di quella unità immobiliare. Questo significa che, la manutenzione e il corretto funzionamento dello scolo delle acque meteoriche, sia a totale carico e cura del proprietario. Il condominio non è responsabile dei danni derivanti da infiltrazioni nei balconi di proprietà. Danni cagionati da infiltrazioni nel balcone di proprietà, vanno risarciti dal proprietario del balcone. Ora fin qui è tutto chiaro, ovvero, il proprietario del balcone deve fare si che la guaina impermeabilizzante del suo calpestio faccia il suo dovere senza più causare danni alla proprietà sottostante. Ma sul ripristino dell'intonaco del cielino dello stesso ( la parte che dalla proprietà del piano di sotto è visibile) vi sono alcune contraddizioni: alcune sentenze infatti parlano di ripristino a totale carico del proprietario del balcone con calpestio ( quindi del piano di sopra) ( vedi Cass. Sez. III Civile, n. 22370 del 29 novembre 2004 ).Ma trovare la giusta funzione del terrazzo, nella maniera che più aggrada o meglio soddisfi le condizioni di ripartizione della spesa non è sempre semplice. Infatti se il terrazzo è di uso esclusivo di una proprietà, e costituisce un prolungamento dell' U.I. ad uso esclusivo al di fuori dei muri perimetrali, costituisce motivo di applicabilità delle spese di manutenzione e danni derivati da infiltrazioni a completo carico del proprietario. Vero è che in caso di balconi in "pila", e cioè sovrapposti l'uno sull'altro, in cui il cielino del balcone sovrastante, costituisce "commodum" di copertura, punto d'attacco di impianto di illuminazione e attacco per tenda concordato e consensuale, viene da sè che la manutenzione del cielino è a carico del proprietario del piano inferiore. In caso di infiltrazioni però, ove vi sia un distaccamento dell'intonaco derivante da infiltrazioni d'acqua, andrebbe applicato il principio del "lastrico solare" ovvero le spese andrebbero ripartite per 1/3 a carico del proprietario del terrazzo che fa danno, e 2/3 ripartito per millesimi di proprietà di chi gode della funzione di copertura. Viene da sè che sembra ingiusta ed iniqua, ma è proprio per la molteplicità dei casi, che non esiste un articolo assoluto che definisca la corretta ripartizione della spesa, se non dopo un'attenta analisi della struttura in oggetto, della funzione intrinseca e dall'uso e beneficio che ne deriva.

venerdì 29 ottobre 2010

Condomini con riscaldamento centralizzato - Rimborso IVA sul metano

Per i Condomini viene emesso il rimborso IVA sul gas metano di impianti di riscaldamento centralizzato.
Nei condomini in cui è presente un impianto di riscaldamento centralizzato è possibile in base alla comunicazione dell'Agenzia delle Entrate n° 108 del 15.10.2010 e alla risoluzione n° 112 DEL 22.10.2010, con cui poter richiedere il rimborso dell'iva applicata sul gas metano fornito per immobili ad uso residenziale abitativo serviti da riscaldamento centralizzato.

Ecco come richiedere il rimborso:
- va chiesto dall'amministratore di condominio
- va spedito a chi emette la fattura del gas metano (es: Enel Gas);
- è relativo alle forniture (fatture) a partire dal 01.01.2008 in poi;
- è necessario indicare nella richiesta di rimborso il numero di utenti (condòmini) che usufruiscono dell'impianto centralizzato (da non considerare quelli che hanno l'impianto autonomo);
- va sottoscritto dall'amministratore di condominio.
Sono 480 i metri cubi ai quali va applicata l'iva agevolata al 10% e vanno considerati per ciascun condomino.

lunedì 25 ottobre 2010

Avviso stragiudiziale all'amministratore di condominio: società recupero crediti

Nello svolgimento dell'attività di amministratore di condominio, può capitare di imbattersi nella richiesta tramite "avviso stragiudiziale" ad opera di una società di recupero crediti, in cui si faccia esplicita richiesta, con termine perentorio fissato e notifica di eventuali richieste di presenziare in sede di giudizio, per il semplice fatto che al condominio amministrato, siano stati erogati servizi da imprese che per ipotesi, attualmente in fallimento. Infatti, la società di recupero crediti, nel suo lavoro di reperimento informazioni o fondi da cui attingere il credito da recuperare, può richiedere all'amministratore di condominio se il condominio abbia fatture in sospeso non pagate verso la ditta in questione. In questo caso viene da se che la società di recupero crediti ha necessità di sapere tale informazione per poter poi agire di conseguenza nei confronti della ditta. Compito quindi dell'amministratore di condominio è quello di fornire dopo accurata verifica, la rispsota "SI" o "NO" alla domanda "La ditta XXX è creditrice verso il condominio?". Un consiglio che mi sento di dare, è il seguente: fornire la risposta sempre in base "ai documenti di cui il sottoscritto è in possesso", giusto per non avere brutte sorprese...

martedì 28 settembre 2010

Appartamento ed esecuzione immobiliare, chi paga nel frattempo?

Nel caso in cui in un condominio, i condomini non hanno più notizie di un loro vicino, cui secondo le voci sembra essere stata pignorata la casa o per interruzione di mutuo, la banca potrebbe essersi ripresa l'appartamento. Un caso che si può presentare in assemblea. I debiti pertinenti all'appartamento in questione, chi li paga?
E' compito dell'amministratore, intanto fare una visura patrimoniale e catastale del proprietario o presunto tale; successivamente si avrà notizia se vi è in corso un'esecuzione immobiliare, in cui spesso accade, una Banca erogatrice di un mutuo, sia rientrata in possesso dell'immobile. L'amministratore informando gli altri condomini, può attraverso la visura, far valutare se vi siano gli estremi per un decreto ingiuntivo, in quanto nella peggiore delle ipotesi, il decreto ingiuntivo verso chi ne risponde dei debiti potrebbe trasformarsi in un buco nell'acqua, portando gli altri condomini a farsi carico dell'esborso per finanziare il provvedimento, e successivamente della ripartizione solidale del debito maturato dall'unità in questione. In pratica, un amministratore deve affidarsi ad una visura "certificata" che attesti che un decreto ingiuntivo per i debiti maturati dall'appartamento di cui si sospetta esecuzione immobiliare in corso, possa portare al recupero del credito. In alternativa, i condomini possono sperare che la casa pignorata o eseguita, venga acquistata quanto prima da qualcuno; nel frattempo dovranno farsi carico ( ragionevolmente) delle spese condominiali dell'unità.

giovedì 16 settembre 2010

Nuovo proprietario con debiti verso il condomio del vecchio proprietario

Chi acquista una unità immobiliare in un complesso condominiale, ove vi siano a bilancio dei residui passivi verso il condominio da parte del vecchio proprietario, è facile che tale debito venga ricondotto alla nuova proprietà, almeno quanto contemplato dal'art.63 disp. att. CC. Obbligo del nuovo proprietario al pagamento dei contributi condominiali precedenti Cassazione civile Sentenza 18/08/2005, n. 16975)
L’art. 63, co. 2°, disp. att. cod. civ., che limita al biennio precedente all’acquisto l’obbligo del successore nei diritti di un condomino di versare, in solido con il dante causa, i contributi da costui dovuti al condominio, è una norma speciale rispetto a quella posta, in tema di comunione in generale, dall’art. 1104, ultimo comma, cod. civ., che rende il cessionario obbligato, senza alcun limite di tempo, in solido con il cedente, a pagare i contributi dovuti dal cedente e non versati.
Pertanto, in tema di contributi condominiali va fatta applicazione dell’art. 63, co. 2°, disp. Att. cod. civ. poiché il rinvio operato dall’art. 1139 cod. civ. alle norme sulla comunione in generale vale, per espressa previsione dello stesso articolo, solo per quanto non sia espressamente previsto dalle norme sul condominio.
Pertanto ove vi sia la possibilità che l'entità del debito sia tale da non aver in corso cause ingiuntive nei confronti del vecchio proprietario ( stando quindi alla tempestività dell'amministratore nel sollecitare tale debito), è facile che sarà di pertinenza del nuovo propietario il saldo del debito residuo.

giovedì 29 luglio 2010

Ritardo presentazione modello 770 condominio

La sanzione per la presentazione in ritardo per il modello 770 condominiale è di € 32.00. Questo significa che la scadenza improrogabile per la presentazione del modello 770 condominiale per l'anno 2010 è il 2 agosto 2010. Qualora per problemi o errori riscontrati dal programma di controllo dell'agenzia delle entrate vi facciano incontratre qualche ritardo, preparatevi a sborsare la quota di € 32,00 come sanzione per la presentazione morosa. L'addebito di tale somma è inequivocabilmente riconducibile alla condotta dell'amministratore, quindi non si può fare carico il condominio di questo debito. Se tale sanzione viene proposta al condominio per presentazione in ritardo del modello 770, sarà l'amministratore a doverne pagare l'intero importo.

martedì 6 luglio 2010

Mancata presentazione del mod 770 condominio: sospetto di evasione

E' quanto si legge oggi dai quotidiani che hanno mutuato la notizia dal Sole 24 Ore. Infatti da una recente statistica, pare che sopratutto per quanto riguarda i piccoli condomini, gli adempimenti fiscali del condominio in quanto sostituto d'imposta, risultano omessi e addirittura sconosciuti al legale rappresentante. Infatti, nel caso di piccoli immobili, in cui un condomino abbia per primo attribuito a suo nome il codice fiscale del condominio, ignora gli adempimenti fiscali dell'amministratore di un immobile, andando incontro a spiacevoli situazioni: la prima è che il mancato invio del modello 770 semplificato del condominio comporta un'anomalia all'Agenzia delle Entrate che potrebbe trasformarsi in sospetta evasione nonchè rischio di accertamenti. Le statistiche sono drastiche. Sopratutto per i condomini al sud Italia, si arriva al 51 per cento di mancato invio del modello 770. Questo potrebbe avere due cause: la prima che non vi siano stati versamenti di ritenute d'acconto durante l'anno, e la seconda che il legale rappresentante o l'amministratore non ha svolto il suo lavoro.
Nel caso dei piccoli condomini infatti, accade spesso che un condomino, magari il primo che vi va ad abitare se si tratta di un immobile di recente costruzione, si intesti dapprima il codice fiscale del condominio e provveda al disbrigo delle aperture delle utenze di luce ed acqua a nome del condominio. Il codice fiscale dell'immobile infatti, risulterà legalmente rappresentato dallo stesso, il quale sarà poi tenuto a dare le dovute spiegazioni in caso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate per il mancato invio del modello 770 condominiale.
Certamente si tratta di una remota ipotesi, quella in cui il Fisco vada a chiedere spiegazioni ad un condomino che ha intestato il codice fiscale a suo nome per avviare il condominio composto da appena 4 o 6 unità...
Resta comunque che gli adempimenti fiscali del condominio sono una prassi che dal 2007 si è resa sempre più complessa e che necessita della consulenza o della prestazione di un amministratore professionista esterno. Vale certamente la possibilità dei condomini di autogestirsi, ma poi, in caso di sanzione emessa per inadempimenti fiscali, chi paga? Il condomino che per spirito di volontà ha fin'ora provveduto al tutto?

martedì 8 giugno 2010

Spese di condominio alte: questione di budget

Come dottore in Scienze statistiche, non posso che applicare l'attitudine alla pianificazione, verifica e mantenimento di un budget, sia che si tratti di una piccola azienda, sia che si tratti di un condominio.
Infatti all'interno di un condominio in sede di assemblea ordinaria, vengono posti sul piatto, servizi, utenze ed eventuali innovazioni.
Vero è che più servizi si esigono, più spese bisogna affrontare. Rientrare entro i limiti del budget preposto, è un'impegno che l'amminstratore deve dimostrare in sede della stessa assemblea, in cui deve fare capire ai condomini che eliminare fondi destinati a riparazioni o spese impreviste, non è la soluzione a quote condominiali più contenute.
Infatti, i fondi destinati a imprevisti, devono essere sempre congrui alla storia del condominio e a quante riparazioni o interventi di ordinaria manutenzione, sono stati fatti in passato.
Trovare il conto del condominio vuoto nel momento in cui è necessario sostituire una pompa dal pozzo acque chiare, o chiamare la disinfestazione per zanzare, topi o scarafaggi, è una situazione quantomai scomoda, sia per l'amminsitratore che dovrà temporeggiare con la ditta in fase di pagamento ( l'intervento sarà pure tempestivo, ma è giusto che sia seguito da un'altrettanto tempestivo pagamento... pena, la perdita di fiducia del fornitore con conseguente e potenziale ritardi in eventuali interventi futuri...).
Ecco perchè è sempre bene che le rate di un condominio sian più dalla parte del "formaggio", ovvero siano sempre un po' più abbondanti di quello che presumibilmente verrà speso.
Rimanere nel budget significherà quindi rendere comprensibile al condominio che le quote hanno una certa entità per garantire un certo servizio.
Inoltre non si trascuri un aspetto fondamentale: proporzionalmente, un piccolo condominio con lo stesso numero di servizi di un condominio grande, avrà quote condominiali più alte rispetto ad un condominio di dimensioni doppie ( in numero di unità immobiliari).
Questo perchè il budget del servizio di pulizia, giardinaggio e manutenzione ascensore, trova una ripartizione più gravosa in un condominio di sei unità rispetto ad uno di dodici.
E' in questa considerazione che va modulato il budget per tali servizi: un condominio più piccolo, verosimilmente non necessiterà di pulizie ogni sette giorni...

lunedì 7 giugno 2010

Rumori molesti in condominio: zoccoli? Attenti al carcere..

Nella vita di condominio, origine di liti, tensioni e incomprensioni tra i condomini è senza dubbio l'immissione di rumori nelle abitazioni dei vicini.
Che cosa si intende per rumori?
Ovvero tutto quanto superi la normale tollerabilità ( art. 844 Codice civile ) e rechi danno, disturbo ai vicini.
Il calpestio di zoccoli ad esempio che proviene dal piano di sopra, fa riferimento all'articolo 659 del Codice Penale, in quanto si configura il reato dal momento che

“è necessario e sufficiente che i rumori prodotti abbiano una potenzialità diffusa verso un numero indeterminato di persone, ancorché non sia richiesto un turbamento della pubblica quiete e, una volta accertata l'idoneità della condotta, sia irrilevante la circostanza che il disturbo risulti avvertito da una o da più persone".(Cass. Pen., sez. I, 10 gennaio 1998, n. 238 - Pres. Gemelli)”

quindi i vicini fracassoni è bene che stiano un po' attenti se non vogliano trovarsi immischiati in un processo per turbamento della quiete di cui ignorino il tutto semplicemente perchè dodati di poca educazione, manifestando questa lacuna con tacchi o zoccoli in legno...
Esemplare è la sentenza di un giudice di Verona, che ha condannato a 1 mese di reclusione una donna per prolungato utilizzo degli zoccoli, malgrado le bonarie richieste da parte degli abitanti del piano inferiore.
Quindi alla luce della sentenza della Cassazione citata qui sopra, è sufficiente che sia anche solo una persona a manifestare di subire il turbamento: una volta accertato, infatti, il reato si configura sia che ad avvertire il rumore molesto sia l'intero condominio, sia che sia solamente un condomino.

Amm. Mancini Dott. Nicola

venerdì 4 giugno 2010

Un condomino chiama idraulico e ne chiede il rimborso al condominio

Tra la casistica che si propone ad un amministratore nello svolgimento della propria attività, vi è anche quella che contempla un caso in cui, per necessità, un condomino chiama di sua iniziativa un idraulico per trovare la causa di un problema allo scarico delle acque chiare, rivelandosi poi un problema legato al deflusso dei liquidi nei pozzetti cucine del condominio.
Alla luce del conto presentatogli dall'idraulico, il condomino una volta verificato che il problema non era legato alle tubazioni di sua proprietà, bensì da una consolidata incrostazione degli scarichi condominiali delle cucine, chiederebbe una compartecipazione nelle spese da parte del condominio.
Vero è che la richiesta appare legittima, dal momento che il problema era a livello condominiale, e come tale, la competenza della spesa. Ma la richiesta di intervento dell'idraulico avanzata di propria iniziativa può essere risarcita dal condominio al condomino che ne ha fatto richiesta?
Dal mio punto di vista, presentatosi il caso così com'è, ritengo che se la segnalazione dello scarico malfunzionante, fosse stata fatta all'amministratore e non all'idraulico di fiducia, probabilmente la prima cosa che l'amministratore avrebbe fatto sarebbe stata quella di una ispezione dei pozzetti cucine, da cui la ditta preposta, con l'apposita sonda, avrebbe trovato il problema e lo avrebbe risolto.
Così in effetti è stato, ma se dunque l'idraulico ora avanza la richiesta di denaro nei confronti del condomino che l'ha chiamato, questi può rivalersi verso il condominio?
Seguendo la dinamica dei fatti, ribadisco che la segnalazione fosse avvenuta nei confronti dell'amministratore, l'intervento dell'idraulico ( che di per sè non ha risolto nulla) non avrebbe avuto ragion d'essere, pertanto il condominio non può ritenersi destinatario di una simile richiesta di risarcimento.

giovedì 27 maggio 2010

Vizi di costruzione nel condominio - cosa fare?

Spesso nelle palazzine di nuova costruzione, all'amministratore vengono rivolte segnalazioni di infiltrazioni nei garages ( cosa più frequente ) e altri vizi (presunti o reali) di costruzione, imputabili ad un eventuale intervento in garanzia da parte della ditta appaltatrice. E' bene fare una distinzione della tipologia di vizio:
Vizi Lievi ( ex art. 1667 C.C. )
Gravi difetti ( ex art. 1669 C.C. )
Rientrano nella categoria di vizi lievi, un distaccamento del pavimento, un difetto di una controsoffittatura, la non perfetta esecuzione degli intonaci e delle tegole del tetto, i difetti del rifacimento dell'impianto elettrico, l'esecuzione non a regola d'arte della pavimentazione, l'imperfetta impermeabilizzazione della copertura dei garages e autorimessa esterna.
Per gravi difetti invece si entra nel campo della tipologia di gravi carenze di impermeabilizzazione comportanti infilrtazione d'acqua piovana nell'immobile; mancanza di coibentazione termica, lesioni alle strutture, imperfezioni, difformità idonee a diminuire sensibilmente il valore dell'immobile, errata pendenza dei balconi verso l'interno dell'edificio e non verso l'esterno; inadeguatezza delle fosse biologiche; difetti all'impianto centralizzato di riscaldamento; difetti della canna fumaria dell'impianto centralizzato di riscaldamento.
La distinzione e la classificazione di tali difetti, viene avvalorata da una perizia tecnica ed è molto importante in quanto in base alla diversità tra lievi e gravi difetti, sussistono differenti tempistiche di denuncia ed intervento dalla ditta appaltatrice.
Infatti per i gravi difetti, entro 1 anno dalla scoperto del vizio, va fatta segnalazione alla ditta costruttrice la quale se entro un anno dalla stessa non interviene, va avviato procedimento giudiziale nei confronti dell'appaltatore, cui spetta la competenza dell'intervento nei 10 anni di garanzia dell'immobile, altrimenti cadrà in prescrizione.
Per i vizi lievi invece, entro 60 giorni dalla scoperta degli stessi, va fatta denuncia la quale cadrà in prescrizione entro due anni dalla consegna dell'opera.
La classificazione dell'elenco distintivo tra gravi e lievi difetti è supportata in giurisprudenza da sentenze della Corte di Cassazione.
Si consiglia sempre il mezzo di posta con data documentabile ( posta raccomandata A/R ) fermo restando che se una segnalazione di cui sopra, avvenisse a mezzo di comunicazione telefonica, e l'interlocutore della ditta appaltatrice, ove sia in grado di fornire testimonianza della data della comunicazione, potrebbe avere valenza nel conteggio dei giorni di scadenza alla prescrizione.

Recapiti di contatto ENEL

Per gli amministratori di condominio è fondamentale conoscere i recapiti giusti per avere tempestive risposte dall'ente fornitore di energia elettrica a livello nazionale, ovvero l'ENEL.

Ecco di seguito una lista importante per avere il numero giusto al momento giusto:

ENEL SERVIZIO CLIENTI: 800 900 800 - Da cellulare 199 50 50 55
SEGNALAZIONE GUASTI: 803 500

NUMERO FAX ENEL: 800 900 150

INDIRIZZO POSTA ELETTRONICA ENEL: webmaster@enel.it
Inviando una mail a questo indirizzo di posta elettronica, verrà indirizzata al compartimento di competenza delle vostre richieste. Siate precisi sopratutto nell'oggetto del messaggio di posta elettronica

PORTALE ENEL: www.prontoenel.it

INDIRIZZO E RECAPITO DI POSTA DELL'ENEL:
Enel Servizio Elettrico SpA
CASELLA POSTALE 1100
85100 POTENZA ( PZ )

mercoledì 21 aprile 2010

La ripartizione delle spese per unità sfitte o non abitate in condominio

Spesso ci si sente avanzare la richiesta da parte dei condomini, di adeguare la ripartizione delle spese in maniera da privilegiare chi non abita o lascia l'unità immobiliare sfitta e non abitata all'interno di un condominio. Questo purtuttavia è ben lontano da quanto contemplato dal codice civile in materia di condominio e spazi comuni. Infatti, ogni proprietario e conduttore, è tenuto al versamento delle quote condominiali a copertura delle spese. Se una unità immobiliare un appartamento in condominio non è abitato e non è più affittato, le spese vanno comunque ripartite, nonostante quelle connesse alla conduzione, non siano riconducibili direttamente.
Questo è disposto dal codice civile.
Che cosa fare quindi?
Se si dispone di un appartamento non abitato perchè utilizzato per le vacanze o perchè non si hanno inqulini, l'unica cosa da fare è versare comunque le quote. In sede di assemblea poi, si può avanzare la richiesta per una differente ripartizione, da agire solo con l'unanimità assembleare. In caso contrario, si possano, ove gli appartamenti sfitti sono in numero consistente, avanzare le proposte di una riduzione dei servizi, ad esempio quelle delle pulizie.

giovedì 15 aprile 2010

Amministratore che non paga i fornitori: bollette non pagate dall'amministratore

Può accadere nella casistica che in un condominio un amministratore per un motivo o per un altro non abbia saldato tutte le fatture relative all'anno contabile di riferimento o le bollette delle utenze, come quella dell'acquedotto. Se ci si trova nella circostanza di un subentro di un nuovo amministratore, al momento del passaggio di consegne, il nuovo amministratore avrà il quadro o meglio dovrà avere il quadro completo della situazione finanziaria del condominio. Le fatture non pagate dovranno pertanto essere segnalate come tali, in quanto se sono rimaste insolute, un motivo ci deve essere, ad esempio, i condomini non hanno versato a tempo debito le relative quote e l'amministratore non è stato in grado di pagarle. Così facendo, non appena le quote arretrate verranno versate, il condominio per mano dunque dell'amministrtore si troverà nella situazione di disponibilità liquida per poter far fronte alle spese arretrate. Se invece ci troviamo di fronte ad un bilancio chiuso in pareggio o che comunque notifichi le fatture come pagate, ma in realtà questo non è avvenuto, allora sarà dovere dell'amministratore risarcire il condominio delle spese che dovrebbe aver sostenuto e che invece non ha fatto. Mi spiego meglio: se a bilancio c'è una bolletta dell'acquedotto, segnata come pagata e le quote condominiali sono state tutte pagate, non vi è motivo alcuno perchè l'amministratore non abbia pagato tale spesa: questo significa inequivocabilmente che l'amminstratore ha "intascato" quei soldi. E' compito quindi del nuovo amministratore fare in modo che tali importi siano restituiti al condominio, anche avvalendosi di ricorsi legali. Questo esempio, tratta una casistica alquanto rara, in cui in malafede, un amministratore riscuote le quote condominiali senza pagare le spese del condominio. Nella realtà odierna, simili situazioni è assai raro incontrarle, ma purtuttavia non è da escludere che si si possa imbattere in spiacevoli simili situazioni.

lunedì 12 aprile 2010

Inquilino moroso in cassa integrazione

Spesso accade di vedere nell'esperienza professionale, casi in cui un inquilino non è in grado di sostenere le spese condominiali a causa della fase di stand by del proprio lavoro, ad esempio a causa della cassa integrazione. In piccoli condomini sopratutto, il caso in cui un condomino, nella fattispecie un inquilino non paga le quote condominiali, si creerà ben presto un buco nel bilancio che vedrà nel giro di un anno appena, il condominio in grave difficoltà. Da una parte sussiste la contemplazione "umana" della situazione dell'inquilino moroso, dall'altra il diritto degli altri di godere dei servizi ed utenze per le quali pagano. E allora, qual è il modo per tamponare il buco che può creare un inquilino moroso? Se si stratta di un inquilino appunto, sarà preseto affidata la competenza del saldo al rispettivo proprietario, come previsto dalla legge: il quale provvederà poi al recupero del credito come meglio crede. Se si tratta di un proprietario invece, su di esso ricade la completa responsabilità di provvedere al pagamento delle rate condominiali. Se questi proprietario dell'appartamento, al momento non ha lavoro e non è in grado di far fronte al pagamento delle spese come gli altri condomini, suggerisco il massimo dialogo tra le unità condominiali; ben venga anche l'attribuzione di eventuali incarichi o lavoretti come controvalore del dovuto da parte dell'inquilino moroso. Non escludo infatti l'eventualità che un condomino in grave difficoltà finanziaria per mancanza di lavoro, che posso provvedere al mantenimento del giardino, alle pulizie, almeno fino a quando non avrà ristabilito la propria attività lavorativa.

giovedì 25 febbraio 2010

Piano casa in condominio - Guida al piano casa e condominio

L'aumento di cubatura previsto dal piano casa, costituisce una materia di confronto con limitazioni e normative imposte dal codice civile, comuni e regolamento condominiale.
Partiamo dal codice civile: Gli articoli 1120 e 1122 vietano la realizzazione di opere che rechino danno alle parti comuni dell'edificio, che pregiudichino la stabilità e sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo dei condomini. Inoltre l'articolo 1127 vieta la sopraelevazione se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono. Quindi è bene partire dal codice civile che sta sopra ogni regolamento condominial o piano regolatore. Se una sola di queste condizioni è violata, il piano casa non è applicabile.
I comuni: il loro potere nei confronti delle richieste dell'applicazione del piano casa, è limitato alla concessione della DIA, documento che in ogni circostanza va presentato da un tecnico abilitato il quale dichiarerà unitamente alla presentazione della domanda, la conformità del progetto alle norme urbanistiche nazionali e regionali e ai regolamenti edilizi che variano da comune a comune.
Il regolamento di condominio viene in ultima analisi. Fatte salve le precedenti, il piano casa è applicabile anche in relazione a determinate peculiarità:
- se il lavori rientrano nella normale ristrutturazione, nessun condomino può opporsi. Se si tratta di un'opera di manutenzione straordinaria o di innovazione, una volta ottenuta la DIA, è necessaria l'approvazione dell'assemblea condominiale e i millesimi di approvazione variano a seconda del progetto. Se si tratta di una innovazione, ad esempio la chiusura di un terrazzo, costruzione di nuovi locali, verande, basta il consenso di 500 millesimi. Se si tratta invece di una ristrutturazione servono 667 millesimi della stessa.
Nel caso particolare di parti comuni ad uso esclusivo, in cui si voglia adibire ad alloggio, cambiandone la destinazione d'uso, è necessario anche il ricalcolo delle tabelle millesimali, oltre all'unanimità dell'assemblea che dovrà deliberarne la vendita dell'area al condomino interessato.
Ritornando ai limiti comunali circa l'applicazione del piano casa, il regolamento edilizio una volta contemplata la possibilità di ampliamento, può imporre dei limiti o restrizioni circa la scelta dei colori, dell'uso materiali o tecniche costruttive.

martedì 16 febbraio 2010

Inquilino moroso non paga le quote condominiali

I casi in cui l'inquilino non paga le quote condominiali sono una realtà tristemente attuale.
Il tristemente, è stato aggiunto in quanto molti di questi casi, sono rappresentati da realtà di famiglie in preda alla disoccupazione, vittime della crisi e in cassa integrazione.
E' indubbio che, di fronte a simili emergenze, l'inquilino capofamiglia, dia priorità alle spese di prima necessità, lasciando per ultime le quote condominiali. Ora il proprietario si troverà vittima di questa situazione in stallo.
Andiamo ora ad approfondire meglio gli aspetti legali di situazioni in cui l'inquilino diventa moroso e non paga le quote condominiali.
Le richieste al forum provengono in larga parte dai proprietari, i quali si chiedono quali siano i rischi e le cose da fare; è molto semplice. Il proprietario è il titolare della rivalsa da parte del condominio circa le inadempienze sui versamenti del proprio inquilino. Questo significa che se l'inquilino non paga, le quote condominiali sono a carico del proprietario il quale, se dovesse rifiutarsi, dovrà farsi carico anche delle eventuali spese legali per l'ingiunzione che attuerà il condominio attraverso il suo mandatario ( l'amministratore). L'unica tutela che il proprietario ha in simili situazioni è la risoluzione del contratto di locazione: se l'ammontare delle cifre non corrisposte al condominio ha un importo pari o superiore a due mensilità di affitto, potrà avvalersi della risoluzione anticipata del contratto.
E' per questo motivo che più volte si legge il consiglio di far includere, la quota condominale in piccole rate nei canoni d'affitto.

venerdì 12 febbraio 2010

Quando è obbligatorio l'amministratore di condominio

Esiste una normativa del codice civile che prevede che per condomini superiori alle 4 unità immobiliare è obbligatorio l'amministratore di condominio.
Un condominio può quindi autogestirsi?
La risposta è in linea di massima si, ma quali rischi si corrono?
Innanzi tutto, c'è da dire che l'amministratore del condominio sia esso un condòmino volenteroso che si occupa del pagamento delle bollette, è anche il rappresentante legale del fabbricato. Su di esso gravano diritti di rivalsa per eventuali contestazioni e responsabilità nella non attuazione delle delibere assembleari. Questo significa che se si è deciso di assicurare il fabbricato, e si è dato incarico all'amministratore di reperire dei preventivi per formulare una polizza assicurativa e ciò non venisse fatto, l'amministratore si fa carico di una somma responsabilità nei confronti del condominio, e ne è tenuto a rispondere!
Inoltre va sottolineato che la costituzione del condominio, spesso associata alla realizzazione da parte della ditta costruttrice, nel momento in cui già da avvio alla contrattualistica delle utenze ( enel, acquedotto, certificazioni e controllo estintori, ascensore ecc...) avrà a suo tempo già provveduto all'assegnazione del codice fiscale del condominio stesso. Questo codice fiscale trova attribuzione nel rappresentante legale anno per anno. Il rappresentante legale è l'amministratore, sia esso un condòmino ( volenteroso) o un amministratore professionista. La registrazione della responsabilità legale presso l'Agenzia delle Entrate, significa anche la registrazione del titolare della responsabilità cui vengano notificate irregolarità e sanzioni nei confronti del condominio per inadempienze fiscali. Il condominio come si sa, è sostituto d'imposta. Questo significa che per i fornitori soggetti a ritenuta d'acconto, è tenuto a versare ( tramite l'amministratore o il condòmino volenteroso) la ritenuta d'acconto entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento; fare ed inviare il modello 770 del condominio e inviare l'anno successivo le certificazioni dei versamenti effettuati ai rispettivi fornitori.
Tutta queste serie di adempimenti è logicamente proporzionale al numero di utenze, servizi e quant'altro sia connesso al condominio: viene da sè che più il condominio è grande, più sarà necessario rivolgersi ad un amministratore professionista.
articolo di Nicola Mancini - Amministratore di Condominio

giovedì 21 gennaio 2010

Cambio amministratore di condominio

Questioni di continuità:
spesso un amministratore in sede di assemblea quando avverte che nell'aria c'è dello scontento da parte dei condomini che intendono cambiare amministratore, se è bravo in dialettica, riesce a convicere i suoi condomini che sono in atto delle procedure (magari legate a correzione di vizi di fabbricazione, o per lavori di ristrutturazione...) per cui sarebbe opportuno mantenere la nomina per l'anno a venire. Questo, non è completamente esatto dal momento che l'assemblea è sovrana e può cambiare amministratore come e quando vuole, e senza dover necessariamente dare le dovute spiegazioni!
Inoltre qualsiasi pratica sia in piedi da parte del condominio e portata avanti dall'amministratore pro-tempore, può benissimo essere conclusa dall'amministratore nuovo, entrante, attraverso il completamento del passaggio delle consegne ed adeguata informazione. Il cambio di amministratore non ostacole in maniera alcuna le pratiche avviate nell'esercizio contabile concluso!

giovedì 14 gennaio 2010

L'inquilino moroso

Date le numerose richieste che vengono evase via web a proposito di situazioni critiche nelle finanze condominiali cagionate da pagamenti arretrati per inquilini morosi è bene spendere qualche parola in più.
In questo periodo di crisi mondiale dell'economia, scendendo nella peculiarità della casistica italiana, i casi in cui un capofamiglia si trova in cassa integrazione e non è in grado di pagare le spese condominiale si contano a migliaia.
Di certo non si può parlare di una negligenza nell'assolvere gli oneri nei confronti del condominio, e forse è meglio pagare di impossibilità. Tuttavia, in un condominio le spese vanno sostenute, pena la sospensione dei servizi e delle utenze. Questo vale per spiegare il fatto che un amministratore, sebbeno comprenda la situazione nei confronti di un condomino moroso, non può non svolgere il suo lavoro, ovvero sollecitare quanto dovuto. Se non facesse ciò, gli altri condomini i quali non abbiano debiti pendenti, troverebbero il modo di poter dire che l'amministratore non svolge il suo lavoro. L'amministratore è tenuto a dimostrare che se le scandenze non vengono rispettate, a tempo debito abbia provveduto alla comunicazione nei confronti dei condomini morosi. Se non lo facesse, si pone nella condizione di essere messo in discussione e rischia di perdere l'incarico. Per cui a sua volta, provvederà a sollecitare il dovuto all'inquilino prima e al proprietario poi.
Questo perchè la legge prevede che qual'ora l'inquilino moroso non possa sostenere le spese o non voglia, la rivalsa del condominio avverrà nei confronti del proprietario che suo malgrado dovrà pagare le quote arretrate. Quindi la comunicazione anche tra inquilino e proprietario è fondamentale: perchè dico ciò? Perchè se da parte dell'inquilino moroso c'è la volontà di provvedere poi al rimborso delle quote arretrate nei confronti del proprietario a causa di una momentanea impossibilità nel farlo, potrebbero sussistere i motivi per una normale durata del contratto. Altrimenti, il proprietario potrà richiedere lo scioglimento dello stesso qualora sia maturato un debito pari al doppio di una mensilità del canone d'affitto.
Il link rimanda all'importanza della conciliazione nel mondo giudiziario e sopratutto nelle casistiche condominiali.

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