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mercoledì 30 settembre 2015

Condominio e obbligo di amministratore: come potersi autogestire


Riporto di seguito una domanda assai ricorrente: Gentile dott. Mancini, in un condominio di soli 7 proprietari, in cui l'unico adempimento dell'amministratore esterno consiste nell'onere di far vuotare due volte l'anno la fossa biologica, è possibile un'autogestione, facendo a meno dell'amministratore che ci costa circa 500 euro l'anno? A quali obblighi è tenuto un condomino che si faccia volontariamente carico del citato adempimento? Quale è la modalità per svincolarsi dall'attuale amministratore? Grazie per la sua cortese risposta.

Risposta
Gent.ma sig.ra Marisa, il presupposto di un amministratore, meglio definirlo rappresentante legale, è quello che vi siano delle parti comuni da rappresentare. Nel vostro caso, seppur minime le cose da gestire, avete un professionista esterno che se ne cura. Su costui ricadono tutti gli obblighi previsti dagli articoli del codice civile in materia del condominio, nella fattispecie 1129 e seguenti. Professionista o condòmino interno che sia, non vi è differenza. Le responsabilità sono le stesse. Chiaramente, un interno, sarà meno aggiornato in materia di sicurezza del lavoro, antincendio o materia fiscale. Da non sottovalutare, l'aspetto degli adempimenti verso il fisco: nulla cambia se il delegato o rappresentante legale sia un professionista o un condòmino, l'obbligo di adempimenti in qualità di sostituto d'imposta resta, così come la presentazione del modello 770 e quadro AC.
Il passaggio di per sè è semplicissimo: all'assemblea ordinaria, al punto di ordine del giorno previsto per nomina, conferma o revoca, basterà semplicemente nominare uno di voi, al suo posto, con un valore millesimale superiore a 500 millesimi e con la maggioranza degli intervenuti.


mercoledì 10 giugno 2015

Condominio di 4 unità: codice fiscale, amministratore e lavori con detrazioni fiscali

Di seguito riporto un quesito relativo a circostanze molto frequenti, in casi di condomini di piccole dimensioni o con esiguo numero di condòmini.


Buongiorno mi chiamo Stefano, abito in un "condominio" composto da 4 proprietari. Finalmente dopo anni di abbandono dello stabile sono riuscito a convincere gli altri condomini ad effettuare una serie di lavori minimi, anche con la prospettiva delle detrazioni fiscali. Mi sono "messo sotto" per reperire più informazioni possibili ed ho letto che non si può accedere a tali detrazioni senza che lo stabile sia dotato di C.F. Il condominio è senza un amministratore e le sole spese in comune che abbiamo sono la luce dei lampioni che fra l'altro sono collegati al contatore di uno dei condomini. Per richiedere il C.F. è necessario che uno dei condomini (mi sarei offerto io!!) si presti come referente dell'agenzia delle entrate. Ma poi leggendo qua e là ho paura di complicazioni che potrebbero "ritorcersi" contro di me, tipo la presentazione del 770 o cose del genere. Mi chiedevo se potevate togliermi qualche dubbio. A quali incombenze vado incontro proponendomi come referente del condominio? Che legame c'è fra i lavori e la presentazione del 770? Per i pagamenti dei lavori ognuno può fare bonifici dal suo cc o è necessario utilizzare un cc intestato al condominio? La ringrazio anticipatamente e spero possa risolvere i miei dubbi. A presto, Stefano. 

Risposta:
Gent.mo sig. Stefano, la sua domanda introduce diversi concetti, riconducibili a una generica situazione che è molto comune: un condominio di poche unità abitative, per non incorrere in costi di amministrazione esterna, rinuncia alla posizione fiscale dello stesso, intestando utenze a un condòmino o facendo in modo che i condòmini a turni si adoperino per la gestione delle spese, che nella maggior parte dei casi, trattansi di semplici bollette della corrente elettrica o poco più. La modalità di gestione, non inquadra tuttavia il condominio nell'una o nell'altra legislazione, vale a dire, quella che prevede il rappresentante legale e quella che non lo prevede. Infatti, nel momento stesso in cui i condòmini sono divenuti 2 all'interno dello stabile, nel suo caso quattro, è subentrato il concetto di parte comune e come tale, soggetta alla trattazione economica e giuridica della comunione o del condominio degli edifici. Per questo motivo, sia che si tratti dell'intervento di un elettricista o del rifacimento del manto di copertura, in teoria   la fatturazione andrebbe fatta all'ente Condominio con il suo codice fiscale cui è associato il nome, all'Agenzia delle Entrate, del suo rappresentante legale.
Su di esso, che viene definito "amministratore", gravano i doveri previsti dal codice civile, tra cui quelli fiscali, per l'assolvimento dell'obbligo, nei confronti del fisco, di rendere conto della gestione delle fatture soggette a ritenuta d'acconto e quadro AC e modello 770, nonchè la certificazione unica, obbligatoria dal 2015. Quindi va considerato che nell?ordinaria amministrazione gli obblighi sono ben definiti. Lo stesso amministratore, sarà colui che in caso di straordinaria manutenzione, svolgerà tutte le pratiche atte alla certificazione per detrazioni fiscali.

giovedì 16 aprile 2015

Condominio - Convocazione di assemblea, raccomandata, fax, Pec e obblighi di forma.

Ora che la "riforma del condominio" è entrata a pieno regime giurisprudenziale, questo articolo è un atto dovuto, da addetto ai lavori. La definizione "regime giurisprudenziale", sta a significare che a distanza di quasi due anni dall'entrata in vigore dei nuovi articoli di Codice Civile e sue Disposizioni Attuative, possiamo cominciare ad analizzare le prime sentenze riguardo ad alcune delibere viziate dalla forma della convocazione dell'assemblea ordinara o straordinaria.
Questo argomento interessa in principal luogo i colleghi, amministratori di condominio che come me, spesso, si trovano a dover mediare tra la necessità di fare "economia" nelle spese postali, e la dura lex, sed lex, che rispetto al passato ora fa menzione di una "forma", da osservare nel metodo di convocazione delle adunenze.
Entrando nello specifico, il riferimento normativo è l'art. 66 Disp. Att. CC, che prevede la forma scritta. E su questo non ci piove.
Il legislatore, però, elenca una serie di mezzi per la trasmissione del documento di convocazione, che di comune hanno solo il fatto di essere "scritto". Posto che il rischio di una delibera assunta in un'assemblea convocata in maniera differente dai mezzi elencati al suddetto articolo è solo annullabile, ora viene da chiedersi quali mezzi offrono la tutela massima per amministratore e condominio, affinchè una delibera non sia annullabile per questo genere di vizio.
La risposta viene da sè: la PEC e la Raccomandata con ricevuta di ritorno. La prima gratuita, la seconda molto onerosa.
Gli altri metodi? Ad interpretazione. Di chi? Del giudice chiamato a annullare la delibera. E perchè questo? Molto semplice: il fax, seppur menzionato, può arrivare bianco nel dispositivo del destinatario, o la carta si inceppa, o del tutto mancante e l'apparecchio ha la memoria piena. Risultato, per l'amministratore il rapporto di avvenuta trasmissione e la mancanza del documento nelle mani del destinatario.
In questo caso, quindi, a chi darà ragione il giudice?
L'amministratore potrà esibire il rapporto di trasmissione del fax, e il condòmino che ha presentato impugnazione della delibera, invece, la tesi secondo la quale l'apparecchio era rotto, difettoso, senza carta o il foglio bianco o illeggibile. Quindi, viene da chiedersi se gli assolvimenti che l'amministratore è tenuto a rispettare ex art. 66 Disp. Att. CC siano corretti e inoppugnabili. Fino a prova contraria, il mezzo FAX è definito tra quelli previsti dall'articolo di riferimento.
Ma la sostanza è: è sufficiente dimostrare che si sia "spedita" la convocazione?
Evidentemente si, dal momento che anche la "raccomandata " menzionata nell'articolo, non è accompagnata dalla specifica "con avviso di ricevimento", quindi ne consegue che anche la raccomandata semplice, quella cioè che prevede solo la distinta di invio, è valida.
Allora, perchè non può esserlo una PEC inviata ad un indirizzo email non certificato?
Una PEC, che viene inviata ad un indirizzo PEC o indirizzo non certificato, passa automaticamente attraverso l'ente certificatore, che ne attesta la presa in gestione, tramite una email di accettazione, recante orario data e indirizzo del destinatario.
Ordunque, tale frangente, dal momento che tale "certificato di consegna" viene rilasciato da un ente certificatore, può avere la validità di una distinta di un ufficio postale.
L'obbligo di poter dimostrare di aver convocato tutto potrebbe dunque essere assolto. E quindi?
Un condòmino potrebbe dire che non controlla abitualmente la propria casella di posta? Bene, allo stesso modo potrebbe dimenticarsi di controllare il vassoio della carta del proprio fax. La situazione è analoga e poco cambia. Per di più, l'indirizzo email può essere menzionato nei moduli in compilazione per l'anagrafe condominiale, ottenendo l'amministratore così una dichiarazione che un eventuale indirizzo email, fa parte dei mezzi di comunicazione che, con la diligenza del buon padre di famiglia, viene periodicamente controllato e considerato valido.
Il mio breve trattato vuole essere una anticipazione di proposte atte a verificare che il centro di accettazione telematico degli enti certificatori di posta elettronica certificata, possa essere considerato attendibile e valido al pari di un ufficio postale o di posta privata.
Tale assunto, poi è preso in assenza della considerazione, peraltro necessaria, che così come nell'art. 66 Disp. Att. CC  non viene specificata l'avviso di ricevimento della raccomandata, altrettanto non viene specificato che la PEC deve essere inviata esclusivamente ad un altro indirizzo PEC.
Se consideriamo infatti l'avviso di ricevimento, per la raccomandata è valido solo se spedito insieme alla raccomandata e per la PEC solo se è spedito ad un altro indirizzo PEC.
Tutto il resto, lascia nelle mani del mittente, solo una certificazione dell'avvenuta spedizione.
Ma a quanto pare, sembra proprio quello di cui ha solo bisogno l'amministratore.



Argomenti Trattati

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