Il Decreto Legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 detta norme in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione di contenziosi civili e commerciali.
L’articolo 5, al comma primo di tale decreto, sancisce che l’obbligo di conciliazione o quantomeno il tentativo, va applicato anche in materia di condominio, con la propedeuticità di un’azione che deve precedere l’eventuale ricorso in giudizio di dispute, contenziosi o liti.
Ad oggi tuttavia, la domanda di conciliazione, resta ancora facoltativa, ma tra circa un anno, diventerà obbligatorio intraprendere la strada conciliatoria per dispute e liti condominiali, prima di portare il tutto in tribunale.
Nella casistica di situazioni in condominio che possano essere contemplate dalla conciliazione, sono spesso legate a situazioni che riguardano le proprietà esclusive e quelle condominiali, le delibere assembleari, violazione del regolamento di condominio.
La conciliazione di per sé, altro non è che il tentativo di risolvere bonariamente e tramite accordo tra le parti il contenzioso, che altrimenti necessiterebbe di essere posto a giudizio. Un esempio pratico è l’impugnazione di una delibera da parte di un condomino che la reputa nulla e su cui ha da obiettare. E fino ad eventuale annullamento da parte dell’autorità giudiziaria, l’amministratore ha l’obbligo di eseguire le delibere assembleari ai sensi dell’art. 1130 del Codice Civile: ma di fronte ad una impugnazione, se nella veste dell’amministratore si configura anche quella del conciliatore, come potrà questi esercitare la propria attribuzione dei poteri di eseguire la delibera e nel contempo avviare una conciliazione finalizzata ad un accordo tra le parti? Questo nuovo decreto, dunque lascia ancora un po’ di perplessità, e trovandosi in attuazione da pochissimo tempo ancora, non si possono avere dei riscontri tangibili della sua efficacia in materia di condominio.